domenica 29 aprile 2012

Il puer è nell'altro

Materiale resistente, la poesia di Claudia Ruggeri
da Il Paese Nuovo, 2012-04-25

Cavami da le piume gli insulti lo sfrenio
la velocità indifferenziata che era danza
o salto, che ormai non muove semplicemente
mi rende probabile
Claudia Ruggeri, lamento dell’uccello colpito, Inferno minore

È possibile un altro silenzio? Una stanza vuota dove riversare se stessi, scrivere versi attorcigliati al volto, alle mani, fare presenza, dell’ignoto, nelle parole. È possibile un discorso diverso, che ruoti attorno ad altro senza connessioni da districare, ma solo con l’impressione che nel verso scaturisce e nel verso s’istituisce? Di Claudia Ruggeri, morta suicida nel 1996, restano una manciata di poesie avvolte in quell’Inferno minore pubblicato da peQuod nel 2006, volume che al suo interno accoglie in apertura i primi componimenti poetici racchiusi in quel lasso di tempo fra i suoi 15 e 22 anni, fra il 1982 e il 1989, altri ancora fra i 23 e i 29 anni, poi la raccolta Inferno minore, che dà il titolo all’edizione curata da Mario Desiati, e le Pagine del travaso, ultimo incompleto sforzo dell’autrice. Nella primavera del 2005 la famiglia ha donato le carte della poetessa all’Archivio Contemporaneo Alessandro Bonsanti del Gabinetto G. P. Vieusseux. Il fondo, si legge nel censimento a cura di Beatrice Biagioli, consta di una scatola al cui interno sono raccolti documenti che accolgono uno spaccato cronologico che va dal 1986 al 2004; di Claudia Ruggeri hanno scritto: Mario Desiati, Enzo Mansueto, Mauro Marino, Rossano Astremo, Donato Valli, Arrigo Colombo, Alessandro Canzian, Stefano Donno, Irene Ester Leo, Walter Vergallo, Antonio Prudenzano e altri ancora. Sul web sono raccolti, da Elio Scarciglia e Maria Teresa Del Zingaro Ruggeri, tutta una serie di documenti, testi critici, un accurato spaccato cronologico, sul sito dedicato alla memoria di Claudia Ruggeri, http://www.claudiaruggeri.it.

In una lettera del marzo 1990, Franco Fortini si rivolge alla poetessa salentina invitandola a ripulire quella che nella sua scrittura era una poesia, nella definizione di Fortini, ingioiellata, ricca di citazionismo, immolata sul pastiche letterario sino allo sfinimento, lungo un percorso di accumulo serrato di figure retoriche, ritmi incalzanti, che incastrati nell’avvicendarsi quasi collassato di tutto un sistema sovraccarico, espongono la poetica della Ruggeri ad una sorta di auto-annullamento in virtù di un soffocamento letterario, quasi a ricalcare il sovrannumero delle facce, delle forme, dei racconti di pietra che nel barocchismo salentino dalle facciate delle chiese si protendono al nulla, nel vuoto dello spazio e della loro disposizione eccessivamente carica, strabordante, oltre il limite ultimo della sopravvivenza delle forme. Si assiste, nell’opera di Claudia Ruggeri, ad una sorta di poetica barocca intagliata in uno spaccato postmoderno dove la citazione, il continuo rimando, per uno sterminato pastiche, tramutano in regola la reinvenzione del linguaggio, attraverso una condizione ridondante della parola. Il plagio, scrive Rossano Astremo su Nuovo Quotidiano di Puglia del 5 febbraio 2007, è “appropriamento dell’immaginario di maestri a lei vicini”, in quella che sembra porsi, nella poetica di Claudia Ruggeri, come una proiezione, un sussistere del linguaggio poetico che in questo si realizza, in un transfert freudiano dove è la proiezione dello sguardo inconscio dell’autrice sul continuo dialogare con quelli che furono i suoi padri letterari, nello spostamento dell’identificazione di una dimensione genitoriale della sua poetica che tende lo sguardo a Dante, Carmelo Bene, Dino Campana, Beckett, Shakespeare, Melville. Nello spaesamento di un dialogo inconsolabile la poesia sanguina, accende una scintilla di conversazione e spostamento nella proiezione di quelli che erano i suoi interlocutori giornalieri, gli autori già citati e altri ancora, in una scansione poetica dell’inconscio umano. C’è un puer che cerca in altro la sua condizione introvabile, in quella dimensione del discorso e del suo messaggio, in un districarsi eclettico tra le forme della narrazione poietica, in quella condizione per cui è lei stessa a tornare vestita dei panni dei suoi padri letterari, per poi rivolgersi in sé, in un ripiegamento dialettico che è travaso e semenza di una proiezione su sé, quando il gioco dei rimandi non può più essere altro e conserva vivida, nell’auto-flessione letteraria, la condizione interiore, di sovrainvestimenti letterari che scendono nel fondo della sua condizione umana.

Francesco Aprile
2012-04-23

giovedì 26 aprile 2012

Il Bene di Campi, omaggio a Carmelo Bene

Omaggio a Carmelo Bene nel decennale dalla scomparsa.

INGRESSO LIBERO E GRATUITO

Relatori: Tonino Caputo (scenografo), Tarcisio Arnesano (ns concittadino)
Moderatore: Ilio Palmariggi
Poeti omaggianti: Giancarlo Serafino, Giampaolo Mastropasqua, Francesco Aprile
Poesie declamate dall'attore Simone Franco, dai poeti omaggianti e da soci dell'Ass. Culturale "Le Meteore" di Campi Salentina
Musiche di sottofondo e omaggi musicali a cura dell'Associazione "Calliope"

lunedì 23 aprile 2012

SCRITTURA VISUALE IN ITALIA

CENT’ANNI DI SCRITTURA VISUALE IN ITALIA 1912 – 2012
dal 5 maggio al 16 settembre 2012

Cent’anni di scrittura visuale in Italia 1912 – 2012. I classici
La Mostra è dedicata agli artisti, tuttora viventi, che parteciparono nel 1973 alla mostra organizzatada Luigi Ballerini alla GAM di Torino. Opere di: Nanni Balestrini, Mirella Bentivoglio, Ugo Carrega, Arrigo Lora Totino, Stelio MariaMartini, Giulia Niccolai, Anna Oberto, Lamberto Pignotti, Sarenco, Gianni Emilio Simonetti, Carlo Alberto Sitta, Rodolfo Vitone.

OM carta e matita.
Disegni di Martino ObertoIn attesa della retrospettiva, vengono esposti alcuni disegni dell’Artista, tra i quali l’Angelo bianco, da poco ritrovato.

Wundernachtkammer Sogno smarrito
Omaggio all’utopia olivettiana–fuori mostra.
Installazione di Lucia Pescador.

Museo della Caralein Ivrea, via Miniere n. 34.

venerdì 20 aprile 2012

Luigi Paolo Finizio, che l’immagine torni a stimolare pensiero




Luigi Paolo Finizio
Elogio dell'astrattismo

62 pp., 10 Euro, ISBN 9788857509150
Mimesis Edizioni


Cos’altro può fornire un campo di assoluta libertà visiva, come può farlo nelle realtà del visibile, dei linguaggi visivi, il campo sempre disponibile ed incondizionato delle forme astratte? Le forme che ci rendono iconico l’aniconico, che ci dispongono all’invisibile tramite il visibile, che attraverso l’attenzione raccolta e consapevole dello sguardo possono volgerci alle traiettorie più nette del pensiero, come alle pieghe più involute dell’inconscio?….A fronte del corrente dominio ostensivo dell’immagine visiva, del suo mediato livellamento, la tante volte sollevata ermeticità dell’astrattismo, il suo necessario bisogno di commento risulta proprio il migliore antidoto immaginativo, l’idonea condizione a far sì che l’immagine torni a corroborarsi di pensiero, a stimolare il pensiero.

Luigi Paolo Finizio, critico e storico dell’arte, ha insegnato nell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, Napoli e Roma e ha tenuto corsi in varie Università italiane. Tra le sue pubblicazioni: L’immaginario geometrico, Napoli 1979; Produzione del senso e linguaggio, Roma 1980; Arte linguaggio e senso, Roma 1986; Il MAC napoletano, 1950-1954, Napoli 1990; L’astrattismo costruttivo-Suprematismo e Costruttivismo, Bari-Roma 1990; Dal neoplasticismo all’arte concreta, 1917-1937, Bari-Roma 1993; Moderno antimoderno-L’arte dei preraffaelliti nella cultura vittoriana, Napoli 2004; Avanguardia a Napoli-Undici dell’astrattismo, Napoli 2010.

giovedì 19 aprile 2012

Andy Warhol. I want to be a machine

Il Castello Aragonese, dopo aver accolto all’interno delle sue possenti mura oltre 150mila visitatori con le mostre di Joan Mirò, Pablo Picasso e Salvador Dalì, ospita le opere di Andy Warhol, il principe della pop art americana.
“Andy Warhol. I want to be a machine”, a cura di Gianni Mercurio, apre la quarta stagione artistica del Castello di Otranto, contenitore culturale gestito dall’Agenzia di Comunicazione Orione di Maglie e dalla Società Cooperativa Sistema Museo di Perugia, con la direzione dell’architetto Raffaela Zizzari.
La mostra, attraverso circa cinquanta opere provenienti da collezioni private italiane e prodotte da Andy Warhol con la tecnica meccanica della serigrafia, presenta i temi fondanti dell'estetica dell’artista statunitense scomparso nel 1987: mito bellezza-successo (Marilyn), consumismo (Campbell's Soup), simboli tragici (Electric Chair). Inoltre, saranno esposte opere significative come la serie dei Flowers, il Vesuvio (realizzato in occasione del suo soggiorno napoletano grazie al gallerista Lucio Amelio), i simboli del potere (Falce e Martello, Dollar Sign) e altre ancora.

dal 27 maggio al 30 settembre 2012

mercoledì 18 aprile 2012

VISUAL POETRY @ Museo Minimo

VISUAL POETRY

Time: May 15, 2012 at 5:30pm to June 15, 2012 at 8pm
Location: MUSEO MINIMO
Street: via detta San Vincenzo 3
City/Town: Napoli, Italy
Website or Map: http://www.museominimo.it
Event Type: exhibition
Organized By: TIZIANA BARACCHI, ROBERTO SANCHEZ

ARTISTS

Francesco Aprile, Tiziana Baracchi, Piero Barducci, Mariano Bellarosa,  John M. Bennett, Rosa Biagi,  Mirta Caccaro, Lamberto Caravita, Ryosuke Cohen, Michel Della Vedova, Luc Fierens, Maurizio Follin, Gabriella Gallo, Susanna Lakner, C.Mehrl Bennett, Keiichi Nakamura, Rémy Pénard, Cheryl Penn, Claudio Romeo, Roberto Sanchez, Renato Sclaunich, Ptrzia Tictac, Stephanie Turnbull, Reid Wood

martedì 17 aprile 2012

Contrabbando Poetico, per il non ristagno sociale

Tesi. Sono tesi gli animi al giusto accogliere il passato, cristallizzato in consapevolezza in un presente che è corda tesa verso il futuro. Tesi. Sono parole affisse, martedì 17 aprile 2012, a Lecce nei luoghi della non attenzione, nei luoghi preposti all’ascolto che dimenticano la loro funzione e si fondono nel ristagno di una società della frivolezza, della leggerezza estrema ad ogni costo, anche quando tutto va male. Coniugare il contesto storico con la dimensione passata, con la dimensione culturale esautorata.

Tesi. Sono parole affisse un martedì di un 17 aprile 2012, a Lecce, nei luoghi della non attenzione, per reclamare spazi di dialogo, confronto, discussione, per non anestetizzare ulteriormente la narcosi sociale.

Il testo dell’affissione:

Contrabbando poetico. All’azione. Nell’azione. In azione. Per l’azione. New action. Quotidianità e stratificazione. Flusso continuato dell’esistenza. Delle giornate. E dei cieli cancerogeni. Ammantati di niente. Sui nostri occhi. «Mentre le colline passano. E sfumano al cielo rosso della battaglia. Mentre le ore deragliano. Mentre gli oceani s’infrangono. E palpita la vita. Nel caldo petto di una nuova generazione. Armatevi poeti. Delle vostre parole» – ai faccendieri che imbrattano ogni cosa, agli arrampicatori sociali districati in un individualismo borbonico di seconda mano, a chi si destreggia nel discorso pavoneggiandosi non per dialogo e confronto, ma per imporre una schopenhaueriana parvenza di ragione e vittoria costruita sul nulla, agli editorini che speculano sui Poeti violentandone la memoria, agli scaffali che si riempiono di libri solo dopo la morte degli autori, ai poetini della domenica che ingolfano la dimensione culturale in cui viviamo, al loro forzato stringersi la mano ed appiccicare sorrisi falsi e recensioni amorevolmente riprovevoli ovunque capiti, ai giornali che degradano la cultura proponendo mai ricerca, mai avversione, ma solo autorini già ingabbiati nell’oblio dalla loro non scrittura, agli studenti che cambian pelle appiccicando sorrisi ovunque, pronti a saltare da una parte all’altra del carrozzone per racimolare convenienze e occasioni squallide, agli Scurati che marciano su deserti di inediti. Per questo, e per questa nostra terra decapitata dalla sua assenza di peso geo-politico sulla cartina culturale (e non solo), per questa nostra terra venduta dai suoi stessi cittadini come carne da macello, per chi ci ha tolto il futuro con anni di loschi giochi di potere. Armatevi poeti, delle vostre parole. Vogliamo uno spazio culturale come una sassaiola, come grandine, non di temporale, ma di eruttante dinamite, che possa riappropriarsi della sua funzione sociale, di chi scende a sporcarsi le mani, non con gli affari loschi del potere, ma con le parole logore dell’esistenza. Armatevi poeti, delle vostre parole. Armatevi poeti, delle vostre parole. A chi ha perso il clamore di un tempo, a chi non l’ha mai avuto, a chi potrebbe ritrovarlo. Ai Verri, Toma, Bodini, Pagano, Ruggeri, destituiti della loro potenza significante, sostituiti con poetini rancidi, pronti ad elemosinare parole al mercato grasso dei poteri. A loro che poeti sono stati e sono ignorati, perché svenduti da una terra che non li ha mai riconosciuti, sempre pronta a vendersi il culo per le necessità avide di alcuni. A chi ha dimenticato che spingere «gli amici di» è cosa diversa dal proporsi con spirito critico che osserva le cose. Protesta, protesta, protesta. Armatevi poeti, delle vostre parole.
«Grazie per non sostenere la pace sociale. Grazie. Per non sostenere la pace sociale»(cit., Starfuckers)
Contrabbando Poetico
Lecce, 2012/04/04
Per comunicare adesioni scrivere a: contrabbandopoetico@libero.it
Quotidiano, Lecce
Ateneo, Lecce
Ateneo, Lecce
Gazzetta del Mezzogiorno, Lecce
Palazzo Parlangeli, Lecce

giovedì 12 aprile 2012

Unconventional Press, January - March 2012

Francesco Aprile, Sconvolgimento relazionale, Schede Letterarie,
Unconventional Press, Lecce (ITA), January 2012

Open publication - Free publishing

Teresa Maria Lutri, Ho la luna di fronte,  Schede Letterarie, Unconventional Press, Lecce (ITA), January 2012 


Open publication - Free publishing

Cristiano Caggiula, Preghiere livide,  Schede Letterarie, Unconventional Press, Lecce (ITA), January 2012


Open publication - Free publishing

Francesco Aprile, _language regression. techno-visual poetries, Unconventional Press, Lecce (ITA), March 2012

Unconventional Press

Unconventional Press born between December 2011 and January 2012, founded by Francesco Aprile, Cristiano Caggiula, Roberta Gaetani, Teresa Lutri. Unconventional Press is literary research productions and performance art; support connotes the historical context.


mercoledì 11 aprile 2012

Dieci anni di Sotterranei. Resistere al tempo che passa


 Dieci anni. Dieci anni di resistenza, così sono stati definiti da François R. Cambuzat, cantante-chitarrista del trio italo-francese degli Enfance Rouge. Lunedì 9 aprile 2012, la sala che ospita gli Enfance Rouge è gremita, colma, in uno spaccato dove il tempo ha smesso di segnarsi su di un calendario, mescolando distanze e spartiti diversi, note, umori, ha acceso clamori e condensato visioni. Uno spazio dove il tempo è la dimensione del confronto, come costruzione quotidiana di un dialogo intessuto su matrici di volta in volta diverse. Sono i dieci anni de I Sotterrani, circolo Arci di Copertino. Un 9 aprile di dieci anni fa c'erano sempre gli Enfance Rouge a colmare distanze che nella loro musica sono trame di culture lontane. C'è sempre un centro storico, nel  bilico costante fra il recupero di sé e la contemporaneità di un processo propositivo dell’arte coerente e costante. Un vicolo. Luci soffuse di uno spazio a metà fra le Caves parigine degli anni ’50 e I Sotterranei di Kerouac; perché «ero una volta giovane e aggiornato e lucido e sapevo parlare di tutto con nervosa intelligenza e con chiarezza e senza far tanti retorici preamboli come faccio ora [...] Ma cominciamo dalla storia dei Sotterranei di San Francisco» scriveva Jack Kerouac in un violentato angolo di prosa, ora acceso nella sera di un 9 aprile 2012 sotto l'assedio di un bombardamento che travalica la semplice condizione musicale. 
 Gli Enfance Rouge sono sul palchetto, picchiano sugli strumenti come chi sa come dove e perché andare, come chi ha dalla sua parte anni di coerenza autorale, ideologica, ma di quell'ideologia alla quale precedono le idee, il senso, eludendo la fossilizzazione semantica nella dimensione significante di un simulacro sbatacchiato al vento; c'è questo nella sera che ci corre addosso, a noi presenti nella sala, e ci lascia col sorriso sul volto di chi ha potuto, oltre tutto, riempirsi lo sguardo, e l'udito, con atmosfere che nel dialogo fra culture si manifestano, sussurrano, in una condizione in cui amano tendersi a quella dimensione che Bertrand Russell individua come necessaria al progresso sociale, a quel tendersi e districarsi costante fra una coesione sociale e una dimensione individuale infervorata nel creare, lontane, le due condizioni, dal ristagno da omologazione sociale del mondo contemporaneo. Così, risuonano ancora le parole di François R. Cambuzat, quei dieci anni di resistenza di uno spazio che ha saputo porsi come punto di un dialogo importante, costante, lontano dalle consuetudini della provincia, dove spesso accade che le grida, volte alla necessità di un confronto, seguano un qualche accadimento, facendosi solo conseguenza e non sguardo attento, privando il tessuto sociale di quella quotidiana partecipazione che ne dovrebbe esser linfa.

Francesco Aprile
2012-04-10
Il Paese Nuovo, 2012-04-11

venerdì 6 aprile 2012

non saranno rubati invano

non saranno rubati invano
i frutti
         dall'albero dove stanchi riposano
prima d'esser presi e mescolati, come polpa
a tutte le difficoltà ingurgitate.
non saranno rubati invano
i frutti
        dall'albero dove stanchi riposano
insieme a tutto quello che abbiamo dimenticato
        per essere ancora qui
        per non essere piegati dal tempo
        per non uscirne stanchi anche noi
come le ore che passano
                                     e invecchiano sempre uguali
ma solo per essere ancora qui
       per non uscirne stanchi anche noi
       per non essere piegati dal tempo
       per non dividerci come polline
                                                    che il vento strappa da uno stesso fiore.

f. aprile, gennaio 2012

@ Dal catrame alle foglie che il vento sparge, 2 aprile 2012, Sotterranei, Copertino (LE)


martedì 3 aprile 2012

_henry squeeze


"secondo una certa critica i suoi lavori sono, cito testualmente, linee aggrovigliate, disintegrazione catartica, caos, che cosa ribatte?" - "se la gente lasciasse i preconcetti a casa e guardasse i miei quadri non credo che avrebbe difficoltà ad apprezzarli. è come guardare un prato fiorito, non ci si strappa i capelli per capire cosa significa." - "come fa a capire quando ha finito un lavoro?" - "come si capisce quando hai finito di fare l'amore?". (ed harris, in Pollock)


credo che un giardino di sole rose vada bene per cominciare, come uno scenario cinematografico dove perdersi non sapere mai dove guardare. non datemi dell'altro, non datemi mai, dell'altro, solo il rumore della sua voce. ha bevuto una dozzina di cicchetti prima di scendere sulla scena dello spettacolo come se fosse un crimine già addomesticato da rituali televisivi e dimenticare tutte le battute come una rissa iniziata male e finita peggio. non ha tutti i torti quando si ubriaca e non perde tempo nel dire cazzate. non ha tutti i torti ma quella volta sulla scena era inciampato prima di tutto in se stesso dimostrando un disordine umano quasi come fosse una carezza sul ventre di una donna incinta. tenerezza insomma. si lanciò contro il pubblico colpevole di non avere capito l'intimità della scena da lui dimentica e riadattata alla meno peggio con un rantolo di vomito che gli si premeva contro la gola sabotandone tutte le parole sballottolate da una parte all'altra come un gomitolo preso a zampate da un gatto che si basta a se stesso nel suo mai timido giocare. urlava contro il pubblico di non essere e volerlo mai diventare una parte segmentata di loro come in un giardino di sole rose rosse e spine unte dal loro stesso senso netto di distanze e ambre nude colate giù dal cielo come pioggia dopo la pioggia. sbaglierò - recitava nel suo incipit maldestro al punto da esserne così convinto da non distinguersi da niente di tutto quello che colava fuori dal suo corpo - ma siamo immortali, credo, nelle parole che già abbiamo consumato, dilapidato come un discorso seminudo di irrefrenabile baldoria, in quelle frasi fatte, già pronunciate da troppe, troppe persone. in quelle parole che si addentrano e mordono la fuga, il ritorno, il serpe calpestato per strada, una pietra scheggiata. sai che posso esserci anche quando non ci sono. io, non ti ho conosciuta mai. sono così nudo che mi piace arrossarmi il viso con queste bottiglie di vino che rubo al mercato, quello in piazza dove da ragazzi andavamo solo a rubare, a raccogliere qualcosa che non fosse mai stata pagata, a perderci a perderci a scriverci le nostre stupide parole sui muri sui muri sui muri per non raccontarci niente con quelle stupide parole. sbaglierò, ma siamo immortali in tutto questo. in quelle parole uccise dal nostro non pesarle mai. in quelle frasi fatte. in quella routine verbale da mercato in piazza a urlare urlare cantare squarciarci il ventre dissodato con una mannaia letteraria di un libro troppo troppo grande da poter essere letto senza muover sbadiglio. io, non ti ho conosciuta mai.
            io, non ti ho conosciuta mai. lo sai che quando siamo all'aria aperta amo perdermi mentre i tuoi discorsi mi sorseggiano come fossi un bicchiere di vino andato a male, perché mal digerisci questo mio stato, questa mia condizione dove non sono altro che una famiglia adottante di parole a buon mercato, dove non sono altro che tutta la mia noncuranza ai dettagli, ai dettagli asserragliati dietro l'angolo come studenti nel maggio della rivoluzione. amami. amami come non hai mai amato niente all'infuori di questa nostra solitudine. amami. amami come non hai mai disprezzato che io fossi e invece non ero. amami. amami come quei vent'anni che hai dimenticato mentre già li stavi vivendo. amami. amami e dimenticami come quei vent'anni che stavi vivendo e hai scordato di vivere. come la rosa rossa che s'è uccisa in un castello di nuvole dove sola ti specchiavi. come la rosa rossa che spina spinosa s'attorciglia al collo s'aggrappa in groppa alla testa alla cresta all'onda che s'abbatte e poi non s'arresta torna e si scontra e schiva, mai serva asservita mi rintrona conquista come su quel castello di nuvole pochi pesci azzannati alla riva hanno scritto ultime parole che già cancellate dall'onda che torna e la sabbia scontorna scancella, io. non ti ho conosciuta mai. non sono che uno spaccato timido della solitudine. non sono che una rimembranza adolescenziale dei disagi che lenti mi plagiano. non sono che la tortura che dai tuoi occhi mi sovviene. amo la stortura della sera che viene a stringermi il collo con un fazzoletto bianco di stelle.

tutto qui. ha disarcionato l'idea, lo spasmo. ha centrifugato il ritmo il ritmo. il ritmo che tanto ha aspettato prima di venire a galla. ha annaspato, una volta ucciso il ritmo. nel senso inverso dell'alcool che dal corpo aveva fretta d'uscire. era ubriaco sulla scena. ma cantava una lingua diversa. ho assaporato posti lontani e mai reali nelle parole scansionate da quella voce. ho rivissuto momenti mai nati nell'esperienza della mia vita e di quelle precedenti. sono sempre stato un monaco buddista taoista zen senza mai credere nei cicli delle vite delle nascite rinascite uomo animale uomo stella mare piuma cielo incanto infinito. la vista è sempre stata qualcosa che mi si strozzava negli occhi accigliati aggrottati sorridenti spenti. un giardino di sole rose sì. poteva andar bene per cominciare. poi occorreva il resto. uno spazio ampio. un albero con una grossa cavità. un dondolo. di quelli stereotipati con la solita gomma d'automobile ondulante nell'aria vuota. e nessuna corda per appenderla. un giardino di sole rose poteva andar bene per cominciare. poi. ancora. uno spazio ampio. un albero con una grossa cavità. un paio di vocali slegate dal discorso e poggiate a caso nello spazio aperto dell'albero. un calendario, che non conta più i giorni, su cui segnare lo spazio ampio dove aspettarci, incontrarci ogni volta, tutte le volte per dimenticarci.


francesco aprile

febbraio 2012

domenica 1 aprile 2012

Diversalità Poetiche, o dei segni e del linguaggio

Diversalità Poetiche is a literary sheet of prose-poetry directed by Francesco Pasca.

AA.VV., Diversalità Poetiche, N°12, Lecce (ITA), April 2012

In this number:


• Massimo Pasca - le 12 fatiche - copertina
• Paolo Vincenti - Elementi e Danza delle Parole
• Carlo Stasi - l'idea
• Maurizio Nocera - esercizi di stile
• Francesco Pasca - il Falso ed il Vero RE[(UB)-UNTU]
• Francesco Carrozzo - appunti de il patafisico
• Francesco Aprile - suono-parola-punto (on literary movement in store New Page, founded by Francesco Saverio Dòdaro)
• Antonio L. Verri - diario novembre 1983
• Teresa Maria Lutri - Solita bottiglia ennesima (NewPage)
• Federico Capone - Se il linguaggio è l'essenza… del non essere